
28 Nov La storia della felpa: dai campi da baseball alle passerelle
Nata per rispondere alle esigenze degli sportivi, in particolare a quelle dei giocatori di baseball, è oggi un capo unisex e senza età. Stiamo parlando della felpa.
Un capo che noi di Progetto Moda conosciamo molto bene. La felpa personalizzata si adatta infatti a moltissimi usi e contesti e, grazie alla sua ampia superfice e alla varietà di modelli, si presta ad altrettanti tipi di personalizzazione.
In questo articolo ripercorreremo insieme la sua storia: da divisa per i giocatori di baseball a capo spalla simbolo dello streetwear.
Anni 20’: alle origini della “sweatshirt”
Nella nostra pagina Curiosità abbiamo spesso raccontato come sono nati i più famosi capi di abbigliamento.
Generalmente non è semplice però identificare l’esatto luogo di origine di un indumento. Questo perché spesso i diversi popoli sparsi per il globo hanno realizzato, in base ai materiali a loro disposizione, lo stesso capo d’abbigliamento in versioni diverse; come è successo per le infradito.
La felpa è invece un capo d’abbigliamento piuttosto “recente” e per questo sappiamo esattamente dove e perché è stata creata: in Alabama negli Stati Uniti nel 1926.
L’idea fu di Benjamin Russel Jr., un giocatore di football stanco di utilizzare le tradizionali divise in lana fornite dalle squadre. A contatto con la pelle, infatti, esse provocano spesso prurito ed irritazioni cutanee.
Il padre di Benjamin possedeva una fabbrica, in cui produceva intimo femminile in cotone di ottima qualità. Il ragazzo, che lavorava nell’azienda di famiglia, propose così di utilizzare lo stesso tessuto per fabbricare anche le divise della sua squadra.
Il successo fu immediato. Il cotone, fresco e traspirante, venne apprezzato dagli atleti tanto che l’azienda si specializzò nella produzione di abbigliamento sportivo, cambiando il nome in “Russell Athletics”.
Dobbiamo quindi alle sue origini il nome inglese della felpa ossia sweatshirt, letteralmente “maglia da sudore”. Il cotone è perfetto per tamponare il sudore, senza irritare la pelle e i primi capi prodotti erano modelli girocollo caratterizzati da un piccolo triangolo di stoffa all’altezza della gola pensato per raccogliere il sudore.
Gli anni 30’: con Champions il nuovo modello per lavoratori e studenti
La prima svolta nella storia della felpa risale agli anni 30’ ed è sempre legata agli States. Come abbiamo visto, le sweatshirts riscuotono sin da subito un grande successo e presto anche altre aziende iniziano a produrle.
Tra loro risalta in particolare l’idea di Champions: è infatti immediato il successo del loro modello hoodie, ossia della felpa con cappuccio. I primi ad essere conquistati da questa innovazione sono gli operai che lavorano all’aperto e la utilizzano per ripararsi delle rigide temperature invernali e per coprirsi il capo.
In breve tempo, la felpa diventa quindi ufficialmente uno dei capi standard delle divise invernali dei lavoratori.
A consacrarla come capo d’abbigliamento d’uso quotidiano saranno però le studentesse dei college americani. Le ragazze sono infatti le prime a riconoscere la comodità e la versatilità di questo indumento. Per questo motivo iniziano ad indossare le felpe fornite ai fidanzati dalle loro squadre sportive.
Ecco, quindi, che finalmente anche le case di moda notano il loro potenziale iniziando a creare modelli adatti anche a un pubblico femminile.
Anni 60’ e 70’: tra simbolo di ribellione giovanile e nuovo trend in passerella
In questi due decenni la felpa conquista una doppia percezione: da una parte diventa uno dei capi simbolo della cultura underground, dall’altra viene rivisitata da stilisti celebri che la inseriscono nelle loro collezioni.
Per gli adolescenti la felpa diventa sinonimo di ribellione: il cappuccio viene utilizzato per coprirsi il volto e vengono scelti modelli sempre più ampi e con tasche dove è possibile nascondere gli “oggetti proibiti”.
I primi ad utilizzarla per questi motivi sono stati i ragazzini del Bronx che, a New York, disegnavano graffiti sui muri e utilizzavano l’ampia tasca centrale per nascondere spray e bombolette. Mentre gli skater californiani iniziarono a sfruttare il cappuccio delle felpe per coprirsi il viso quando facevano skate nelle piscine vuote delle ricche ville hollywoodiane.
Contemporaneamente la felpa appare per la prima volta, in una versione ovviamente rivisitata, su riviste di moda e passarelle.
Da questo punto di vista l’anno di svolta è il 1967, anno in cui Vogue pubblica in copertina per la prima volta una felpa hoodie: è in cashmere e caratterizzata da un’elegante zip dorata.
Dovrà però attendere ancora qualche anno per sfilare in passerella. Sarà l’eccentrica stilista londinese Vivienne Westwood ad inserire nella sua collezione un modello con corsetti e stampe vittoriane.
Anni 80’ e 90’: simbolo dello streetwear, ma vietata nei centri commerciali
Tra gli anni 80’ e 90’ il modello di felpa più diffuso diviene l’hoodie: questo il nome inglese dei modelli con cappuccio.
In particolare, negli anni Ottanta la felpa diviene definitivamente simbolo della cultura underground. Essa diventa protagonista degli outfit di rapper e ballerini di breakdance/hip hop che iniziano ad usarla nelle loro esibizioni e nei video musicali, ispirando un’intera generazione.
Il decennio successivo può essere invece considerato il periodo buio della sweatshirt. Se infatti il modello classico rimane legato al mondo dello sport e del lavoro, l’hoodie viene associata sempre di più alla microcriminalità.
Negli US la felpa lega la sua storia agli stick-up-kids: giovanissimi rapinatori provenienti da quartieri poveri e disagiati delle grandi metropoli che si intrufolavano incappucciati nei block party (feste chic di quartiere) per derubare le persone.
Ne scaturisce un vero e proprio problema sociale, che colpisce anche l’Europa. Si arriva al punto che nei primi anni Duemila diversi centri commerciali inglesi vietano l’ingresso a chi indossa una felpa con cappuccio, pur continuando a venderle nei loro negozi.
Dovrà intervenire David Cameron, allora Ministro dell’Istruzione, con un celebre discorso, per cambiare la percezione negativa verso chi le indossava. Sostanzialmente l’ex premier britannico invitò gli adulti a essere più comprensivi verso gli adolescenti e disse che spesso coprirsi la faccia con un cappuccio non è un gesto aggressivo, ma di difesa dal mondo esterno
Dagli anni Duemila ad oggi: una nuova divisa per una nuova epoca
Negli anni duemila si conclude finalmente lo stigma verso le felpe con cappuccio. Tra i principali fattori che hanno contribuito a questo rilancio troviamo:
- Il declino della cultura rap e in particolare del gangsta-rap, uno stile di musica particolare spesso legato alla criminalità organizzata e alle gang;
- L’ingresso nella moda di lusso. A partire da quel periodo, numerosi luxury brand lanciano collezioni o sub-brand interamente dedicati allo sport: dagli americani Tommy Hilfiger e Ralph Lauren, al britannico John Galliano per Maison Margiela, sino all’italianissimo Pierpaolo Piccioli di Valentino.
- La nuova immagine degli uomini d’affari. Ancora una volta il trend arriva dagli Stati Uniti: con lo sviluppo delle grandi aziende tecno, abbiamo iniziato a vedere i giovani business man della Silicon Valley abbandonare i classici completi eleganti, per privilegiare uno stile casuale e sportivo anche sul lavoro. Il più celebre rappresentante di questo stile? Il fondatore di Meta, Mark Zuckerberg che ci ha abituati a questa nuova immagine, presenziando ad eventi istituzionali con felpa e ciabatte.
Negli ultimi anni la felpa è diventata insomma un vero evergreen, adatta a moltissimi usi e contesti.
Rimane sicuramente protagonista del mondo sportivo: è uno dei capi immancabili nella divisa delle squadre. Continua ad andare forte anche nel mondo del lavoro, dove viene sempre più spesso scelta come divisa informale anche per i dipendenti di grandi catene, tanto nel settore del commercio quanto in quello della ristorazione.
Infine, essendo calda e facile da indossare, è sempre più presente nella moda-bimbo: un indumento pratico e resistente, perfetto per imparare a vestirsi da soli.
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